Analisi Critica
A cura di Franco Migliaccio
Pittore, Docente e Critico d’Arte
La tecnica dell’affresco non ha trovato, nella nostra epoca, particolare fortuna. Forse a causa delle sue difficoltose procedure e della necessità di padroneggiarne le complicate fasi realizzative che presuppongono particolare maestria e perizia tecnica, la pittura ad affresco è stata costretta a un lento declino ed è andata via via scomparendo dalla scena della decorazione murale.
Già il grande Delacroix le aveva preferito la più pratica pittura a olio; sicché tutte le sue opere murali sono state realizzate con tale tecnica. L’epopea del muralismo messicano ha addirittura puntato su colori industriali e anche le opere pubbliche eseguite nel tempo da tanti artisti italiani (si pensi a Sironi) sono state indirizzate, salvo rare eccezioni, su strade analoghe.
Oggi, neanche a parlarne, sono i colori a base acrilica a recitare la parte del leone. Trovare, nel nostro tempo, un vero “frescante” è cosa veramente insolita, ma, ovviamente, non impossibile. Lo dimostra Valeriano Dalzini, artista d’esperienza ultradecennale che, per tutta la sua esistenza, dopo gli studi alle scuole del Castello e degli Artefici di Brera, ha esercitato questo nobile e antico mestiere con dedizione e capacità di continuo autorinnovamento.
Le sue grandi composizioni mostrano, oltre alla consumata sapienza artigianale, un totale dominio dello spazio e le sue capacità di andare oltre la mera rappresentazione realistica per la presenza, nelle sue opere, di dati introspettivi e di atteggiamenti che inclinano all’emozionalità e a un intenso lirismo in cui si incrociano accordi tonali e vibranti armonie cromatiche. Ne fanno fede le tante realizzazioni che il maestro ha lasciato a Milano in siti altamente prestigiosi.
Ma Valeriano Dalzini non va ricordato solo per i lavori a carattere monumentale: egli è anche un ottimo “pittore da cavalletto” che sa realizzare dipinti pregevoli tanto con la pittura a olio quanto con quella all’acquerello. Anche il suo disegno, classicamente impostato e dal tratto sicuro e nervoso, si differenzia per puntualità veristica, per una particolare dote costruttiva e per un accentuato vigore espressivo.
Anche il repertorio iconografico è assai vario e va da sontuose nature morte (di cui mi piace evidenziare il tema dei fiori, composti entro brillanti, armonici e fulminei contrasti timbrici) alle salde figure umane, ben rese da un punto di vista delle caratteristiche somatiche e di quelle specificamente caratteriali e psicologiche. I personaggi di Dalzini sono tratteggiati con grande efficacia, supportati da una tecnica agile e veloce che mantiene la freschezza del bozzetto e la suggestione dell’incompiuto. Nondimeno i suoi paesaggi possiedono sensibilità naturalistica e grande attenzione verso magiche atmosfere di ascendenza tardo-impressionistica.
E vi sono ancora infiniti altri soggetti (come i nudi o i soggetti sacri o, ancora, quelli più prettamente decorativi) che l’artista ha puntualmente ritratto tentandone, di volta in volta, una personale interpretazione che ne rendesse, oltre all’aspetto esteriore, l’essenza nascosta fra le pieghe delle apparenze visive.
Valeriano Dalzini ha sempre evitato il clamore. Da personalità schiva e riservata non ha rincorso il successo, pago già della felicità di potere esercitare il proprio mestiere con professionalità, amore e passione. Ciò mi fa venire in mente figure grandi, anzi gigantesche: i grandi affrescatori del passato.